giovedì 1 marzo 2012

Ius e Fas

La nostra immensa via silenziosa e sommersa non scompare d'incanto quando usiamo la parola. Parlare è sempre un po' balbettare, ha in sé qualcosa di repressivo, di formalizzato e contempla sempre, nascostamente, una frustrazione, in quanto la complessità del silenzio (nella quale trascorre gran parte della esistenza) non passa attraverso la lingua parlata. La parola detta a un altro prende come sistema di riferimento un codice condiviso, che si richiama a una cultura, a modelli di comportamento da tutti riconosciuti. In quell'ora in cui parliamo troviamo i punti d'appoggio nello ius, nella legge degli uomini in comunità, mentre in tutte le altre ore del giorno (e della notte, visto che sognamo) ci lasciamo anarchicamente governare dal fas, cioè da leggi metafisiche, antropologiche o religiose. 

V. Cerami- Consigli a un giovane scrittore- Einaudi

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