giovedì 28 febbraio 2013

Piove...

D'accordo, un minimo di tatto non avrebbe guastato, ma non riuscire a confrontarsi con un evento più grande di noi non è una colpa. C'è chi è in grado e chi non lo è, punto e basta. E allora la paura di perderla accende pensieri di rivalsa, di cambiamento. Mi dico no, non puoi andare avanti così! Devi tirare fuori le unghie e i denti, come hai sempre fatto di fronte alle situazioni avverse. Ma sono propositi che durano il tempo di un battito d'ali, cacciato via da una realtà che non posso ancora affrontare, e diventa tutto di nuovo buio.
Piove da mesi nella mia anima.
Il sereno non è previsto.



L. Amurri - Apnea - Fandango Libri

mercoledì 27 febbraio 2013

...con la voglia di accarezzare la terra.

Da quando sono tornata qui, continuo a ricordare il passato.
La nostalgia è diventata la forza che mi fa muovere.
Cosa che, a prima vista, può anche sembrare positiva.
La verità, invece, è che sono rivolta al passato.
Esattamente come quelli che continuano a pensare al vecchio amato, anche secoli dopo la separazione.
Non so come cambierà questo paese in futuro.
Io comunque vado in giro ogni giorno camminando su queste mie gambe con la voglia di accarezzare la terra.
Perchè sulle strade seminate di amore alla fine sbocciano i fiori.
E' vero, Hajime ha ragione di fronte alle cose più grandi di me, non riesco a evitare di farmi travolgere.



B. Yoshimoto - Il coperchio del mare - Feltrinelli

martedì 26 febbraio 2013

Nulla di più.

«Francesca era così: imprevedibile, tagliente, di una franchezza ruvida ma anche con una forte inclinazione alla malinconia e al sentimento. La nostra amicizia era di granito: e quando dico amicizia dico proprio amicizia, non un’altra cosa. L’“altra cosa” era soltanto un’ombra che, mai esplicitamente evocata, a tratti e di soppiatto poteva rendere lei più aggressiva e spigolosa del solito e me più schivo e cupo. Nulla di più.»


E. Rea - La Comunista- Giunti

lunedì 25 febbraio 2013

Chi dubita...


Saremmo peggiori di quello che siamo senza i buoni li­ bri che abbiamo letto, piú conformisti, meno inquieti e ribelli, e lo spirito critico, motore del progresso, non credo esisterebbe.
Cosí come scrivere, leggere è protestare contro le ingiustizie della vita. Chi cerca nella finzione ciò che non ha, dice, senza la neces­sità di dirlo, e senza neppure saperlo, che la vita cosí com’è non è sufficiente a soddisfa­re la nostra sete di assoluto, fondamento del­la condizione umana, e che dovrebbe essere migliore. Inventiamo storie per poter vivere in qualche modo le molte vite che vorremmo avere quando invece ne abbiamo a disposi­zione una sola.
Senza la finzione saremmo meno coscienti dell’importanza della libertà affinché la vita sia piú vivibile dell’inferno in cui invece si converte quando viene oppressa da un tiran­no, da un’ideologia o da una religione. Chi dubita che la letteratura, oltre a donarci il sogno della bellezza e della felicità, ci mette in guardia contro ogni forma di oppressione, si domandi perché tutti i regimi impegnati a tenere sotto controllo il comportamento dei loro cittadini dalla culla alla tomba la temono a tal punto da organizzare sistemi di censura per reprimerla e vigilano con estremo so­spetto sugli scrittori indipendenti.  




M. V. Llosa - Elogio della letteratura e della finzione- Einaudi

venerdì 22 febbraio 2013

POIEIN

Sono uguali due rondini
se non sei rondine
due occhi uguali non esistono.
Due alberi uguali non esistono
fiori uguali, due petali -
due canti uguali,
due toni.
Due albe uguali non esistono,
tramonti uguali, due stelle,
ore uguali,
attimi.

Passa talvolta un volto che ti incanta -
tu non esisti più
oltre il rammarico che l'attimo
non potrà più ripetersi:
ma non sai quanto è sogno tuo
e quanto sia vero.





Danilo Dolci - Il limone lunare, 1970

giovedì 21 febbraio 2013

Canto della neve silenziosa

Quando giunse al punto stabilito si fermò. Aveva percorso un miglio. Bisognava tornare indietro. Guardò le case circostanti, quelle che da lontano sembravano quasi prive di forma, fuse com'erano nell'aria luminosa; poi guardò gli alberi e il loro grigiore innevato scomparve nella luce. Si girò e fece il primo lento passo del ritorno. Ripercorse le proprie impronte, le uniche nella neve. Sembravano piccole e anche se erano le uniche non sembravano sole, abbandonate. Sorrise all'idea delle impronte sole, come se le impronte avessero una vita propria o anche potessero riflettere quella di chi le aveva lasciate. Forse... chissà. Andava dunque, e si teneva compagnia.
Svoltò un altro angolo e davanti gli si posò un lungo tratto bianco piatto e friabile, interrotto sempre e solo dalle sue impronte che s'allontanavano e sembravano scomparire nella distanza bianco/grigio. Non sembrava possibile, eppure ora l'aria era ancora più dolce e serena. Continuò a procedere lungo le proprie impronte con l'impressione di poter camminare in eterno, la sensazione che fin quando la neve silenziosa continuava a cadere lui avrebbe potuto camminare lasciandosi dietro tutte le preoccupazioni e le ansie, tutti gli errori del passato e del futuro. Più nulla lo avrebbe preoccupato o perseguitato o riempito di tremiti di paura: la buia notte dell'anima era ormai finita. Sarebbero rimasti solo lui e la soffice neve silenziosa, e ogni fiocco avrebbe portato, nella propria vita una particolare gioia … mentre la dolce e silenziosa neve continuava a cadere dolcissima e gioiosissima...
Sì, e amorosissima... amorosissima...
Avrebbe potuto camminare in eterno. Gli sarebbe stato facile continuare a camminare mentre tutti i pensieri di morte sarebbero svaniti, assorbiti dalla neve silenziosa.
Ben presto pur tendendo l'orecchio non sentì più neppure lo scricchiolio dei passi nella neve e la cosa non lo sorprese, quasi che il corpo gli fosse diventato tanto leggero da non lasciare neppure un’impronta. Raggiunse la sua strada ma invece di svoltarvi continuò dritto: qualcosa lo attirava in fondo a una strada nella quale non era mai stato prima, una strada completamente sconosciuta, completamente diversa da tutte le altre nei paraggi. E mentre andava continuava a sentirsi sempre più leggero, come se la scintilla nella neve silenziosa, e quella che illuminava l'aria, gli scoccasse dentro. Sapeva di avere gli occhi in fiamme, pieni di quella luce. Sapeva d'irradiare quella luce attraverso gli abiti. E si sentiva le gambe sempre più leggere e quando abbassò lo sguardo vide che non c'erano impronte. Il soffice manto di neve steso sulla strada era ancora immacolato e fin dove vedeva lui non c'erano impronte e allora tutto il suo essere si riempì d'indicibile gioia e allora la sentì, agli inizi molto debolmente e tuttavia distintamente.
Sentì la neve cadere lenta nell'aria, ogni fiocco con un suono proprio e distinto e non ostacolato nella caduta così che i suoni di tutti quei fiocchi non mescolavano né stridevano ma si fondevano invece in un canto, quello della neve, che pochi avevano udito.
E, pur restando dolce, quel canto diventava sempre più forte, diventava una cosa sola con la luce... e alla fine non ci furono più piedi che lasciassero impronte né corpo né occhi che brillassero ma soltanto luce e suono e gioia. Niente passato, niente futuro, niente, neppure un presente, unicamente la nuova gioia che non conteneva ricordi di angustie e lotte e sofferenze... unicamente la nuova gioia... e capì che sarebbe potuto restare lì per sempre.


H. Selby  Jr. - Canto della neve silenziosa- Feltrinelli

mercoledì 20 febbraio 2013

Si dice...

Si dice che le grandi camelie siano le più belle a vedersi controluce. La veranda su cui erano seduti Eguchi e l’ultima figlia era esposta a occidente, e il sole stava declinando; le camelie erano controluce, e i raggi del sole primaverile non filtravano attraverso i fitti grappoli di fiori e di foglie, ma si concentravano su di loro: sembrava che ai margini della loro ombra vagasse il tramonto.



Y. Kawabata - La casa delle belle addormentate - Mondadori



martedì 19 febbraio 2013

...in pezzi

Io ti ho amato, André, e non saprei immaginare come si possa amare di più. Avevo una vita, che mi rendeva felice, e ho lasciato che andasse in pezzi pur di stare con te. Non ti ho amato per noia, o per solitudine, o per capriccio. Ti ho amato perché il desiderio di te era più forte di qualsiasi felicità. E lo sapevo che poi la vita non è abbastanza grande per tenere insieme tutto quello che riesce ad immaginarsi il desiderio. Ma non ho cercato di fermarmi, né di fermarti. Sapevo che lo avrebbe fatto lei. E lo ha fatto. È scoppiata tutto d'un colpo. C'erano cocci ovunque, e tagliavano come lame.



A. Baricco- Oceano Mare- Feltrinelli

lunedì 18 febbraio 2013

Un'età strana...


Pavel che girovaga per le strade fredde dopo mezzanotte, senza scarpe. Un angelo caduto, un angelo imperfetto, uno di quelli scacciati da Dio. I suoi piedi sono quelli di un camminatore, di uno che calpesta pesantemente la nostra grande madre, di un contadino, non di un ballerino. Poi, sdraiato sul divano, con la testa dolorante e il vomito sui vestiti.
- Gli diedi un vecchio paio di scarpe e lo vidi andarsene via la mattina dopo, molto scontroso e con le scarpe in mano. Ecco tutto. Un'età strana però, a diciotto, diciannove anni sono adulti, ma non riescono ancora a lasciare il nido. Hanno le ali ma non sanno ancora volare. Sempre a mangiare, sempre affamati. Mi fanno pensare ai pellicani, creature allampanate, gli uccelli più goffi, prima che riescano a spiegare le loro grandi ali e a lasciare la terra.




J. M. Coetzee- Il maestro di Pietroburgo- Einaudi

venerdì 15 febbraio 2013

POIEIN


Quartine 

La sento la mia vita, me la imparo,
fino al fegato adesso, fino al fiele;
oh nera un tempo enorme senza chiaro,
fedele della notte più infedele.
Vuota il tuo sacco, su', parla, poetessa:
io fiorisco e mi sfoglio e rigermoglio
per dare la procura di me stessa
a chi non può o non vuole quel che voglio.
Dicevo: Amore mio, vorrei annegare
nell'acqua chiara dei tuoi occhi chiari,
finire finalmente di aspettare
giovani giorni, cari giorni chiari.
Per me dentro di me oltre la mente
il suo corpo su me come una coltre
ma oltre il corpo in me furiosamente
in me fuori di me oltre per oltre…
Oh, l'inutilità di questi affanni
la conosco a memoria, inutilmente;
e nel peso degli utili e dei danni
connetto notte a notte e niente a niente.
Osceno e sacro l'amore delibera
stessa sede per sé e per gli escrementi.
Se non mi leghi io non sarò mai libera,
né casta mai se tu non mi violenti.
Io mi arrendo, congedo i miei soldati,
la mia legione di sogni e di versi.
Combattete per altri disarmati,
vincete in verità, miei sogni in versi.


Patrizia Valduga

mercoledì 13 febbraio 2013

...finchè densato della notte il velo

Poi che il Sol fu disceso ad altri liti,
sentendo il mortal corpo afflitto e stanco,
e di punte acerbissime feriti
e laceri in più parti il petto e il fianco,
lo scudo ove una selva orrida e fitta
d'aste e d'armi diverse era confitta,
regger più non potendo, ove più folti
gl'inimici sentia, scagliò lontano.
Storpiati e pesti ne restaron molti,
altri schiacciati insucidaro il piano.
Poscia gli estremi spiriti raccolti,
pugnando mai non riposò la mano
finchè densato della notte il velo,
cadde, ma il suo cader non vide il cielo.



G. Leopardi- Paralipomeni della Batracomiomachia- Carocci

venerdì 8 febbraio 2013

POIEIN




Mare al mattino
Rumore della
sor­gente nelle
rocce
sulle pareti di
pie­tra
Vento di mare
a notte,
su un’isola
Ape
Volo trian­go­lare
dei cigni
Agnello appena nato
bell’ariete
pecora
Il tenero muso
della vacca
il muso selvaggio
del toro

Il muso
paziente
del bue
La fiamma rossa
nel foco­lare
Il cam­mello
zoppo
che attra­versò la
grande città affollata
andando verso la morte
L’erba
L’odore dell’erba.
La buona terra
La sab­bia
e la cenere
L’airone che ha
atteso tutta la
notte, inti­riz­zito,
e che trova
di che pla­care la sua
fame all’aurora
Il pic­colo pesce
che ago­nizza
nella gola dell’
airone
La mano
che entra in
con­tatto
con le cose
La pelle 
tutta la superficie
del corpo.
Lo sguardo
e quello che guarda
Le nove porte
della
per­ce­zione
Il torso
umano
Il suono di una
viola o di un
flauto indi­geno
Un sorso
di una bevanda
fredda o
calda
Il pane
I fiori
che spun­tano
dalla terra a
pri­ma­vera
Sonno
in un letto
Un cieco
che canta
e un bambino
inva­lido
Cavallo che
corre
libero
La donna 
dei  cani
i cam­melli
che si abbeverano
coi loro piccoli
nel dif­fi­cile
oued
Sole nascente
sopra un lago
ancora mezzo
ghiac­ciato
Il lampo
silen­ozioso
Il tuono
fra­go­roso
Il silen­zio
fra due amici
La voce 
che viene 
da est
entra dall’orecchio
destro
e inse­gna un canto.



M. Yourcenar- I trentatré nomi di Dio- Nottetempo