mercoledì 18 maggio 2011

...dove?

Tutta questa gente” pensò, “sa dove va e cosa vuole, ha uno scopo, e per questo s’affretta, si tormenta, è triste, allegra, vive, io… io invece nulla… nessuno scopo… se non cammino sto seduto: fa lo stesso”. Non staccava gli occhi da terra: c’era veramente in tutti quei piedi che calpestavano il fango davanti a lui una sicurezza, una fiducia che egli non aveva; guardava, e il disgusto che provava di se stesso aumentava; ecco, egli era dovunque così sfaccendato, indifferente; questa strada piovosa era la sua vita stessa, percorsa senza fede e senza entusiasmo, con gli occhi affascinati dagli splendori fallaci delle pubblicità luminose.
“Fino a quando?” Alzò gli occhi verso il cielo; le stupide girandole erano là, in quella nera oscurità superiore; una raccomandava una pasta dentifricia, un’altra una vernice per le scarpe. Riabbassò la testa; i piedi non cessavano il loro movimento, il fango schizzava da sotto i tacchi, la folla camminava.
“E io dove vado?” si domandò ancora; si passò un dito nel colletto: “cosa sono?” perché non correre, non affrettarmi come tutta questa gente? Perché non essere un uomo istintivo, sincero? Perché non avere fede?”. L’angoscia l’opprimeva: avrebbe voluto fermare uno di quei passanti, prenderlo per il bavero, domandargli dove andasse, perché corresse a quel modo; avrebbe voluto avere uno scopo qualsiasi, anche ingannevole, e non scalpicciare così, di strada in strada, fra la gente che ne aveva uno.
“Dove vado”; un tempo, a quel che pareva, gli uomini conoscevano il loro cammino dai primi fino agli ultimi passi; ora no; la testa nel sacco; oscurità; cecità; ma bisognava pure andare in qualche luogo;dove?”


A. Moravia-Gli Indifferenti - Bompiani

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