venerdì 31 dicembre 2010
giovedì 30 dicembre 2010
Un sangue-misto...
Quelli come te, che hanno due sangui diversi nelle vene, non trovano mai riposo né contentezza; e mentre sono là, vorrebbero trovarsi qua, e appena tornati qua, subito hanno voglia di scappar via. Tu te ne andrai da un luogo all’altro, come se fuggissi di prigione, o corressi in cerca di qualcuno; ma in realtà inseguirai soltanto le sorti diverse che si mischiano nel tuo sangue, perché il tuo sangue è come un animale doppio, è come un cavallo grifone, come una sirena. E potrai anche trovare qualche compagnia di tuo gusto, fra tanta gente che s’incontra al mondo; però, molto spesso, te ne starai solo. Un sangue-misto di rado si trova contento in compagnia: c’è sempre qualcosa che gli fa ombra, ma in realtà è lui che si fa ombra da se stesso, come il ladro e il tesoro, che si fanno ombra uno con l’altro.
Elsa Morante- L'isola di Arturo- Einaudi
Elsa Morante- L'isola di Arturo- Einaudi
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mercoledì 29 dicembre 2010
Essere o non essere...
“ Non succede mai che chi vuol essere originale lo sia. Noi tutti ricordiamo con un senso di imbarazzo le ridicole e vane acrobazie escogitate ad arte da tanta gente che vuol essere per forza originale. Comunque è enorme il passo tra il rifiuto della caccia spasmodica all’originalità e la balorda affermazione secondo cui uno scrittore non ha bisogno affatto di essere originale. Uno scrittore è originale o non è uno scrittore. ”
Elias Canetti-La coscienza delle parole-Adelphi
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martedì 28 dicembre 2010
Magnifiche astrazioni
Pittura astratta della natura di Gianfranco Camellini |
Alejandro Jodorowsky-La danza delle realtà-Feltrinelli
lunedì 27 dicembre 2010
Problem solving...
Amore è tutto ciò che aumenta, allarga, arricchisce la nostra vita, verso tutte le altezze e tutte le profondità. L’amore non è un problema, come non lo è un veicolo; problematici sono soltanto il conducente, i viaggiatori e la strada.
Franz Kafka, Conversazioni con Gustav Janouch-Guanda
Franz Kafka, Conversazioni con Gustav Janouch-Guanda
domenica 26 dicembre 2010
POIEIN
"Da noi"
Da noi non si pronuncia l'ultima vocale,
le parole restano sospese.
L'inverno è viern', il resto è la stagione.
Prima e dopo sono primm' e dopp',
hanno più carne e ossa del presente, che è solamente:
mo'.
L'ammor' nuosto è più tosto di amore,
più svergognata 'a famm' della fame,
i soldi sono 'e sord, il soldato 'o surdat',
più sordo che assoldato.
Da noi il "c'è" non c'è, pero ci sta.
Nessuno ha, però ci sta chi tiene.
Da noi non piove: chiove. La pioggia non infradicia
ma 'nfraceta, marcisce.
Il sangue è 'o sang' e vale meno di un bicchiere
d'acqua.
Da noi se ne devi andartene, fai che sei già partito,
pure prima di adesso, primm' 'e mo'.
Teniamo il verbo più veloce del mondo, andare: i'.
Se te ne devi andare, t' n' ia i'.
Da noi non si pronuncia l'ultima vocale,
le parole restano sospese.
L'inverno è viern', il resto è la stagione.
Prima e dopo sono primm' e dopp',
hanno più carne e ossa del presente, che è solamente:
mo'.
L'ammor' nuosto è più tosto di amore,
più svergognata 'a famm' della fame,
i soldi sono 'e sord, il soldato 'o surdat',
più sordo che assoldato.
Da noi il "c'è" non c'è, pero ci sta.
Nessuno ha, però ci sta chi tiene.
Da noi non piove: chiove. La pioggia non infradicia
ma 'nfraceta, marcisce.
Il sangue è 'o sang' e vale meno di un bicchiere
d'acqua.
Da noi se ne devi andartene, fai che sei già partito,
pure prima di adesso, primm' 'e mo'.
Teniamo il verbo più veloce del mondo, andare: i'.
Se te ne devi andare, t' n' ia i'.
sabato 25 dicembre 2010
mercoledì 22 dicembre 2010
Buchi neri fatti nel niente...
[...] C'erano state tante sparizioni anche più importanti e più gravi, ma meno dolorose. Perché il non esserci più di quel che c'è stato è sempre doloroso, veramente doloroso - pensavo - ma il non esserci più di quel che non c'è stato è veramente micidiale, una cosa proprio annichilente. [...] Come fa - mi sono chiesto tante volte - una cosa che non c'è stata a non esserci più. Non c'è più qualcosa, ma è un qualcosa che non essendoci neanche stato alla fine non sai neanche che cos'è, però sai benissimo che non c'è più perché almeno una volta l'hai sfiorato. Hai sfiorato qualcosa che pur non essendoci più per un po' era sfiorabile. Questi buchi neri fatti nel niente, di questo sfiorabile, che forse per un periodo avresti potuto anche abbracciarlo...[...]
Ugo Cornia-Quasi amore-Sellerio
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martedì 21 dicembre 2010
Preferenze
Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre ad una persona cara. Forse proprio perchè la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l'invisibile cittadella della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici.
Daniel Pennac-Come un romanzo-Feltrinelli
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lunedì 20 dicembre 2010
L'insospettabile
“Forse anche qui mi considereranno un ragazzino, e sia. C’è anche chi mi crede un idiota, non ho mai scoperto perché. In verità sono stato talmente malato da non essere molto diverso da un idiota; ma com’è possibile che sia idiota anche adesso, quando io, per primo, mi accorgo che la gente mi considera tale? Io entro e penso:«Mi credono idiota, ma io sono intelligente, e loro non lo sospettano nemmeno»".
Fedor Dostoevskij-L'idiota-Garzanti
Fedor Dostoevskij-L'idiota-Garzanti
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venerdì 10 dicembre 2010
POIEIN
Chiara Semeraro |
Dammi una casa
che non sia mia,
dove possa entrare e uscire dalle stanze
senza lasciar traccia,
senza mai preoccuparmi dell'idraulico,
del colore delle tende,
della cacofonia dei libri vicino al letto.
che non sia mia,
dove possa entrare e uscire dalle stanze
senza lasciar traccia,
senza mai preoccuparmi dell'idraulico,
del colore delle tende,
della cacofonia dei libri vicino al letto.
Una casa leggera da indossare,
in cui le stanze non siano intasate
delle conversazioni di ieri,
dove l'ego non si gonfia
a riempire gli interstizi.
in cui le stanze non siano intasate
delle conversazioni di ieri,
dove l'ego non si gonfia
a riempire gli interstizi.
Una casa come questo corpo,
così aliena quando provo a farne parte,
così ospitale
quando decido che sono solo in visita.
così aliena quando provo a farne parte,
così ospitale
quando decido che sono solo in visita.
Arundhati Subramaniam-Traduzione di Andrea Sirotti
giovedì 9 dicembre 2010
Nè veglia nè sonno...
«Allora ero completamente infelice. Nella mia vita avevo sbagliato tutto, fallito tutto. Ero solo. Lo avevo capito di colpo, in una notte di forte pioggia in cui non riuscivo a dormire, e ne ero rimasto annientato. Non c’era libertà intorno a me, non c’era amore. Solo aridità, asservimento, vuoto, vita che sembrava morte.
Il paese dove vivevo era fottuto, tutto il mondo era fottuto. C’erano solo delle strutture che lottavano le une contro le altre per succhiare ciò che restava del midollo del mondo. Tutta la vita era sotto la cappa della morte. Uomini e donne perpetuavano la menzogna dell’amore. Andavano in giro inalberando i vessilli dei loro volti morti. Sbadigliavano esageratamente, per strada, guardare dentro le loro bocche spalancate era come affacciarsi a una latrina piena di merda morta.
Mi ero separato da tutto e da tutti. Avevo troncato ogni legame. Mi ero gettato il mondo alle spalle. Se ero solo, meglio essere solo da solo. Ero uscito di strada, ero deragliato. Inutile raccontare dov’ero finito, le cose che ho fatto. Non sono tenuto a dirlo. Il tempo cambiava, la luce cambiava. Ma io non vedevo niente. Mi muovevo come un sonnambulo in una foresta di corpi morti.
Era arrivata l’estate. La città dove vivevo si cominciava a svuotare. La gente caricava al buio le auto e fuggiva. Ma io non sapevo dove andare. Non avevo voglia di niente. Camminavo sui marciapiedi dall’asfalto molle per il caldo e provavo solo la vertigine di essere solo da solo invece che in mezzo agli altri, dopo che mi si era aperta la mente e avevo capito come stavano veramente le cose.
Di notte restavo con gli occhi sbarrati nel buio, non riuscivo a dormire. Arrivavano solo, di tanto in tanto, degli improvvisi momenti di sfuocamento e di assenza, che non erano veglia e non erano sonno, come degli svenimenti da cui mi svegliavo di soprassalto, col cuore in gola.
Una mattina, dopo una notte passata sveglio, svenuto, ho riempito alla rinfusa lo zaino, ho rastrellato nel cassetto i luridi soldi che avevo guadagnato negli ultimi mesi, sono salito in macchina e sono improvvisamente partito.»
Antonio Moresco-Gli incendiati-Mondadori
Il paese dove vivevo era fottuto, tutto il mondo era fottuto. C’erano solo delle strutture che lottavano le une contro le altre per succhiare ciò che restava del midollo del mondo. Tutta la vita era sotto la cappa della morte. Uomini e donne perpetuavano la menzogna dell’amore. Andavano in giro inalberando i vessilli dei loro volti morti. Sbadigliavano esageratamente, per strada, guardare dentro le loro bocche spalancate era come affacciarsi a una latrina piena di merda morta.
Mi ero separato da tutto e da tutti. Avevo troncato ogni legame. Mi ero gettato il mondo alle spalle. Se ero solo, meglio essere solo da solo. Ero uscito di strada, ero deragliato. Inutile raccontare dov’ero finito, le cose che ho fatto. Non sono tenuto a dirlo. Il tempo cambiava, la luce cambiava. Ma io non vedevo niente. Mi muovevo come un sonnambulo in una foresta di corpi morti.
Era arrivata l’estate. La città dove vivevo si cominciava a svuotare. La gente caricava al buio le auto e fuggiva. Ma io non sapevo dove andare. Non avevo voglia di niente. Camminavo sui marciapiedi dall’asfalto molle per il caldo e provavo solo la vertigine di essere solo da solo invece che in mezzo agli altri, dopo che mi si era aperta la mente e avevo capito come stavano veramente le cose.
Di notte restavo con gli occhi sbarrati nel buio, non riuscivo a dormire. Arrivavano solo, di tanto in tanto, degli improvvisi momenti di sfuocamento e di assenza, che non erano veglia e non erano sonno, come degli svenimenti da cui mi svegliavo di soprassalto, col cuore in gola.
Una mattina, dopo una notte passata sveglio, svenuto, ho riempito alla rinfusa lo zaino, ho rastrellato nel cassetto i luridi soldi che avevo guadagnato negli ultimi mesi, sono salito in macchina e sono improvvisamente partito.»
Antonio Moresco-Gli incendiati-Mondadori
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mercoledì 8 dicembre 2010
Come dire...
“E se avessi raccontato loro – come raccontavano a me le loro conquiste – che stavo con una signora divorziata, che non era la mia amante ma la mia innamorata (nel senso più miraflorino del termine), mi avrebbero creduto secondo la più simpatica ed esoterica espressione molto in voga in quell’epoca, un coglione a vela”
Mario Vargas Llosa-La zia Julia e lo scribacchino-Einaudi
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martedì 7 dicembre 2010
Riserve limitate
"...Sono sempre stato convinto che voi donne siate più versatili di noi uomini.Voi sapete amare molte cose contemporaneamente, ognuna in modo diverso.Siete capaci di amare il vostro lavoro, e i figli, e gli animali, e il marito...Invece noi uomini abbiamo una riserva d'amore limitata e la riversiamo tutta su un solo oggetto. Per questo quel che mettiamo da una parte siamo costretti a toglierlo dall'altra....".
Alicia Gimènez-Bartlett-Il silenzio dei chiostri-Sellerio
Alicia Gimènez-Bartlett-Il silenzio dei chiostri-Sellerio
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lunedì 6 dicembre 2010
La forma dell'assenza.
Resto lì a lungo, la mano appoggiata al bordo della finestra, a fissare il punto in cui è sparita. Magari potrebbe accorgersi di avere dimenticato di dirmi qualcosa, e tornare indietro. Ma non torna. In quel punto rimane solo una specie di cavità invisibile che ha la forma della sua assenza.
Murakami Haruki-Kafka sulla spiaggia-Einaudi
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domenica 5 dicembre 2010
sabato 4 dicembre 2010
venerdì 3 dicembre 2010
POIEIN
"Se chiederete"
Se chiederete spaghetti al ragù,
riceverete tutti gli spaghetti al ragù del mondo.
Se chiederete tutti gli spaghetti al ragù del mondo,
riceverete a malapena una busta con un biglietto:
“Il carico di ragù si è smarrito nel tragitto
da Marsiglia a Haifa;
forse è colato a picco
forse dissoluti uzbeki l’anno trafugato
forse è esploso per sbaglio.”
Se chiederete amore,
riceverete a malapena una busta vuota, senza indirizzo,
senza niente.
Dopo il pianto e il sonno capirete
che si può
adoperare la busta vuota,
metterci dentro qualcosa:
forse un frammento di vetro
forse un anello ormai informe
forse una ciocca di capelli. Qualcosa.
Se chiederete una busta vuota,
riceverete amore,
tutto l’amore del mondo.
Se chiederete tutti gli spaghetti al ragù del mondo,
riceverete a malapena una busta con un biglietto:
“Il carico di ragù si è smarrito nel tragitto
da Marsiglia a Haifa;
forse è colato a picco
forse dissoluti uzbeki l’anno trafugato
forse è esploso per sbaglio.”
Se chiederete amore,
riceverete a malapena una busta vuota, senza indirizzo,
senza niente.
Dopo il pianto e il sonno capirete
che si può
adoperare la busta vuota,
metterci dentro qualcosa:
forse un frammento di vetro
forse un anello ormai informe
forse una ciocca di capelli. Qualcosa.
Se chiederete una busta vuota,
riceverete amore,
tutto l’amore del mondo.
di Hezy Leskly
da “Forte come la morte è l’amore. Tremila anni di poesia d’amore ebraica”
-presentazione di Cesare Segre-traduzione- introduzione e note di Sara Ferrari
-Belforte, Livorno 2007.
-presentazione di Cesare Segre-traduzione- introduzione e note di Sara Ferrari
-Belforte, Livorno 2007.
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