lunedì 1 luglio 2013

...era irreparabile

...Nashe si rese gradualmente conto che la situazione era irreparabile. Era stato troppo a
lungo lontano da lei, e adesso che era tornato a riprenderla, era come se Juliette non si ricordasse di lui. Aveva creduto che bastassero le telefonate, che quelle conversazioni due volte la settimana l’avrebbero comunque tenuto vivo nella sua memoria. Ma che ne sanno i bambini di due anni delle telefonate interurbane? Per sei mesi non era stato per lei che una voce, una vaporosa collezione di suoni, e a poco a poco si era trasformato in un fantasma. Anche dopo due o tre giorni che lui era in casa, Juliette continuava a essere timida ed esitante, a ritrarsi di fronte ai suoi tenta- tivi di afferrarla come se non credesse più interamente alla sua esistenza. Era diventata parte della sua nuova famiglia, e lui era poco più di un intruso, un alieno piombato da un altro pianeta. Si maledisse per averla lasciata lì, per aver organizzato le cose così bene. Adesso Juliette era l’adorata principessina della famiglia. C’erano tre cuginetti più grandi con cui giocare, c’era il labrador, c’era il gatto, c’era l’altalena nel cortile, c’era tutto quello che potesse desiderare. Pensava con irritazione che suo cognato aveva usurpato l’affetto di Juliette, e col passare dei giorni faceva sempre più fatica a non mostrare il suo risentimento. Ray Schweikert, un ex giocatore di football che era diventato professore di matematica e allenatore della squadra della scuola, era sempre parso a Nashe una specie di testa di legno, ma non c’erano dubbi che coi bambini ci sapeva fare. Era Mister Bontà, il babbo americano dal cuore grande così, e con Donna a tenere insieme le cose, la famiglia era solida come una roccia. Adesso Nashe aveva un po’ di soldi, ma le cose erano davvero cambiate? Cercò di immaginare i vantaggi per Juliette se fosse tornata a Boston a vivere con lui, ma non riuscì a mettere insieme una sola ragione a sua difesa. Voleva essere egoista, non rinunciare ai suoi diritti, ma cominciò a mancargli il coraggio, e alla fine si arrese all’ovvia verità. Se avesse strappato Juliette a quel mondo le avrebbe fatto più male che bene.



P. Auster - La musica del caso - Einaudi

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