giovedì 11 luglio 2013

...speranza infinita.


Negli anni più vulnerabili della mia giovinezza, mio padre mi diede un
consiglio che non mi è mai più uscito di mente.
«Quando ti viene la voglia di criticare qualcuno» mi disse, «ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu.»
Non disse altro, ma eravamo sempre stati insolitamente comunicativi nonostante il nostro riserbo, e capii che voleva dire molto più di questo. Per questo ho la tendenza a evitare ogni giudizio, un'abitudine che oltre a rivelarmi molti caratteri strani mi ha anche reso vittima di non pochi scocciatori inveterati. La mente anormale è pronta a scoprire questa particolarità e ad aggrapparvisi, quando si manifesti in una persona normale, e così accadde che all'università fui ingiustamente accusato di essere un politicante perché ero al corrente dei dolori segreti di strani uomini sconosciuti. La maggior parte delle confidenze non erano provocate: spesso ho finto di aver sonno, o di esser preoccupato, o sono giunto a ostentare un'indifferenza ostile, quando capivo da qualche segno inconfondibile che si profilava all'orizzonte una rivelazione intima; perché le rivelazioni intime dei giovani, o almeno i termini nei quali questi le esprimono, di solito sono plagiarie e deformate da evidenti omissioni. L'evitare i giudizi è fonte di speranza infinita. Temo ancora adesso che perderei qualcosa se dimenticassi che, come mio padre mi ha snobisticamente insegnato e io snobisticamente ripeto, il senso della dignità fondamentale è distribuito con parzialità alla nascita.


F. S. Fitzgerald - Il grande Gatsby- Traduzione F. Pivano - Mondadori

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