giovedì 28 giugno 2012

Un discorso che andrebbe insegnato nelle scuole.

L'allenatore Mazzarri è a colloquio individuale con Lavezzi. Niente di grave. E' la prassi. una squadra ha molti figli e molti padri. Mentre aspetto che finiscano e inizi l'allenamento, mi metto a sbirciare un altro allenamento, quello dei ragazzi della Primavera. diciottenni padroni del nuovo dialetto napoletano, una lingua a me sconosciuta. Facce da scugnizzi che dopo se ne vanno al bar Cavallo. Gente del popolo che, davanti al pallone, diventano principi e nobili. Si staccano al di sopra della merda. Fanno arte. L'allenatore fa loro un discorso che andrebbe insegnato nelle scuole.
Recita più o meno così:
"Il talento, voi ve lo potete mettere sulla uallera. Qui mi dovete fare vedere che faticate e che giocate per la squadra. Altrimenti, non giocate. Tanto il talento che poteva permettersi di fare tutto da solo era uno e basta. Era alto un metro e sessanta e adesso non gioca più. Nessun altro ha quel talento. Dunque, se volete diventare calciatori come quelli là che tra poco escono dagli spogliatoi, dovete buttare il sangue. Stasera, quando tornate a casa e accendete il computer, non vi andate a guardare i siti pornografici, ma andatevi a vedere la classifica e capite cosa dobbiamo fare. Ora otto minuti di riscaldamento, poi solo pallone".
I ragazzi non dicono una parola. Incassano. E prendono ad applicarsi come artigiani in via d'estinzione. Al bar Cavallo non ci pensano più.
Poi pallone, pensano.
Ancora una volta, siamo dalle parti della bellezza pura. Corrono come dannati. Dopo poco passano i calciatori della serie A. Per ultimo, appare lui, il Pocho, Lavezzi. Quelli della Primavera lo guardano come si guarda Gesù quando era in forma.

Paolo Sorrentino- Tony Pagoda e i suoi amici- Feltrinelli

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