venerdì 31 maggio 2013

POIEIN

ODORE DI PIOGGIA


L'aria porta d'improvviso ricordi dall'oblio
dal sapore d'orizzonte, erba umida e assenza.
Colore diffuso e netto, quasi come senza padrone,
maschera o abitante, limpidamente organico,
fortemente etereo. Spiriti, spirito;
orme di una memoria che gira nel suo vuoto
saturo: fuochi, corpi, dei, tracce, parole.


Rodolfo Alonso

giovedì 30 maggio 2013

Se esiste un alleanza...

Mi stese, poi si tolse i panni lasciandosi una veste bianca, lieve.Entrò nel buio delle
coperte e mi coprì tutto il corpo col suo. Stavo sotto di lei a tremare di felicità e di freddo. Le nostre parti combinavano una coincidenza, mano su mano, piede su piede, capelli su capelli, ombelico su ombelico, naso a fianco di naso a respirare solo con quello a bocche unite.Non erano baci, ma combaciamento di due pezzi.Se esiste una tecnica di resurrezione lei la stava applicando. Assorbiva il mio freddo e la mia febbre, materie grezze che impastate nel suo corpo tornavano a me sotto peso di amore. Il suo teneva sotto il mio e il mio reggeva il suo, come fa una terra con la neve. Se esiste un’alleanza tra femmina e maschio, io l’ho provata allora.Durò un’ora, di più di ogni per sempre.



 E. De Luca- Il contrario di uno - Feltrinelli

mercoledì 29 maggio 2013

...non erano ancora le nove


 
Il martedì di giugno in cui fu assassinato, l’architetto Garrone guardò l’ora molte  volte.
Aveva cominciato aprendo
gli occhi nell’oscurità fonda della sua camera, dove la finestra ben tappata non lasciava filtrare il minimo raggio. Mentre la sua mano, maldestra per impazienza, risaliva lungo le anse del cordoncino cercando l’interruttore, l’architetto era stato preso dalla paura irragionevole che fosse tardissimo, che l’ora della telefonata fosse già passata. Ma non erano ancora le nove, aveva visto con stupore; per lui, che di solito dormiva fino alle dieci e oltre, era un chiaro sintomo di nervosismo, di apprensione.




C. Fruttero - F. Lucentini -  La donna della domenica - Adelphi

martedì 28 maggio 2013

...con l'anteprima

È curioso il modo che ha il destino di venire sotto forma di tempo. Anzi lo sarebbe, se non fosse che l’ha per vizio. Se uno, al momento del fatto che gli cambia la vita, buttasse l’occhio all’orologio, vedrebbe le lancette che ripartono da uno zero fatto apposta per lui. Una risposta, una notizia, un incontro, un certo particolare squillo del telefono, arrivano con l’anteprima. Si fanno vedere e scappano in avanti, mostrando la sequenza fin dove l’occhio la segue. Tutto il futuro non lo conosciamo. Quello più in là soprattutto. Ma il primo sì. Lo vediamo benissimo.





D. De Silva - La donna di scorta - Einaudi

lunedì 27 maggio 2013

...sul far del giorno

Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge
salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all’orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I normanni bevevan calvados.




R. Queneau - I fiori blu- Einaudi

venerdì 24 maggio 2013

POIEIN





L'autunno percorre le isole



A volte la tua assenza è parte del mio sguardo,
le mie mani contengono la lontananza delle tue
e l’autunno è l’unica postura che la mia fronte può avere per pensarti.
A volte ti scopro in un volto che non avesti e nell’apparizione che non meritavi,
a volte è una strada al tramonto dove non dovremo tornare a incontrarci,
mentre il tempo trascorre tra un movimento del mio cuore e un movimento della notte.
A volte la tua assenza appare lentamente nel mio sorriso come una macchia di olio sull’acqua,
ed è l’ora di accendere certe luci
e camminare per casa
evitando l’esplosione di certi angoli.
Nei tuoi occhi ci sono barche ancorate, ma io ormai non dovrò liberarle,
nel tuo petto ci furono sere che alla fine dell’estate
tuttavia guardai incendiarsi.
E queste sere sono ancora le mie riunioni con te,
il disgelo che nella notte
scioglie la tua maschera e la perde.




José Carlos BecerraTraduzione e note di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli.


giovedì 23 maggio 2013

...è strano

Lui rimase in piedi sulla soglia della cucina a fumare, poi la vide prendere la chiave.
"Mettiti comodo intanto che vado di là", disse lei. "Leggiti il giornale o qualcosa del genere". Strinse la chiave in pugno. Aveva un'aria stanca, gli disse lei.
Lui cercò di concentrarsi sulle notizie. Lesse il giornale e accese la televisione. Alla fine andò di là anche lui. La porta era chiusa.
"Sono io. Sei ancora lì, amore?", chiamò.
Dopo un po' la serratura scattò e Arlene uscì e si chiuse la porta alle spalle. "Sono stata via tanto?", chiese.
"Be', insomma, sì", rispose lui.
"Sul serio?", disse lei. "Credo di avere giocato tutto il tempo con Kitty".
Lui la scrutò, ma lei distolse lo sguardo, la mano ancora poggiata sul pomello.
"È strano, sai?", disse lei. "Voglio dire... entrare così, in casa d'altri..."
Lui annuì, le tolse la mano dal pomello e la guidò verso la loro porta. Entrarono nel proprio appartamento.
"Infatti è strano", disse lui.
Notò della lanugine bianca attaccata sul retro del golf di Arlene e che aveva le guance molto colorite. Cominciò a baciarle il collo e i capelli. Lei si girò e cominciò a baciarlo a sua volta.
"Oh, accidenti!", esclamò di colpo Arlene. "Accidenti, accidenti!", si mise a cantilenare come una bambina, battendo le mani.
"Mi sono appena ricordata di una cosa. Non ci crederai, ma mi sono dimenticata di fare quello che ero andata a fare. Non ho dato da mangiare alla gatta né ho annaffiato le piante". Lo guardò. "Si può essere più stupidi?"
"Ma no, dai", la rassicurò lui. "Aspetta un attimo. Prendo le sigarette e torniamo di là insieme".
Lei attese che lui chiudesse la porta di casa loro per attaccarglisi al braccio, poco sopra al gomito, e disse: "Mi sa che è meglio che te lo dica subito. Sai, ho trovato delle foto".
Lui si fermò in mezzo al pianerottolo. "Che genere di foto?"
"Adesso le vedrai", disse e lo guardò negli occhi.
"Ma va!" Sorrise. "E dove?"
"In un cassetto", disse lei.
"Ma va!", disse lui.
E poi lei disse: "Magari non tornano più", e rimase subito stupefatta da quello che aveva appena detto.
"Potrebbe succedere", disse lui. "Potrebbe succedere di tutto".
"O magari, per tornare tornano, ma..." Non finì la frase.
Attraversarono il pianerottolo tenendosi per mano e quando lui le parlò, lei quasi non lo udì.

"La chiave", disse lui. "Dalla a me".
"Cosa?", chiese lei. Si mise a fissare la porta.
"La chiave", disse lui. "Ce l'hai tu".
"Oddio mio!", disse lei. "L'ho lasciata dentro!"
Lui provò a girare il pomello. Ma era bloccato. Non girava affatto. Lei era rimasta a bocca aperta e ansimava un po', in attesa. Lui spalancò le braccia e lei ci si rifugiò.
"Non ti preoccupare", le disse all'orecchio. "Per l'amor di Dio, non ti preoccupare".
Rimasero lì. Si tenevano stretti. Si appoggiarono contro la porta, come per ripararsi dal vento, e si fecero forza.


R. Carver - Vuoi star zitta, per favore ? - Minimum Fax

mercoledì 22 maggio 2013

...bel tipo

Colin stava finendo di farsi bello. Per uscire dal bagno si era avvolto in un
grande asciugamano di tessuto bouclé, da cui emergevano solo le gambe e il torace. Porto via allo scaffale il vaporizzatore e si spruzzò sui capelli chiari l’olio fluido e profumato. Il suo pettine d’ambra divise la massa setosa in lunghi fili arancioni, simili ai solchi che l’allegro contadino traccia nella marmellata d’albicocche servendosi di una forchetta. Colin posò il pettine e, armatosi di un tronchesino, tagliò obliquamente gli angoli delle sue palpebre opache, in modo da rendere misterioso il suo sguardo. Era costretto a farlo spesso, perché ricrescevano in fretta. Accese la luce dello specchio d’ingrandimento e si avvicinò ancora per verificare lo stato della sua epidermide. C’erano un po’ di punti neri che sporgevano qua e là dalle pinne del naso. Però guardandosi allo specchio si videro così brutti che rientrarono prontamente sotto la pelle e Colin, soddisfatto, spense la lampada.Slegò l’asciugamano che gli cingeva le reni e ne fece passare un angolo fra le dita dei piedi per assorbire le ultime traccie di umidità. così, riflesso nel cristallo, mostrava finalmente la sua somiglianza con l’attore di Slim in Hollywood Canteen. Aveva la testa rotonda, le orecchie piccole, il naso diritto, la carnagione dorata. Spesso sorrideva come sorride un bambino piccolo, e così gli era venuta, per forza, la fossetta sul mento. Era abbastanza alto, sottile, con le gambe lunghe, e molto gentile. Il nome Collin gli stava tutto sommato bene. Alle ragazze parlava con dolcezza e ai ragazzi con allegria. Era quasi  sempre di buon umore, e nelle ore che restavano dormiva.
 
B. Vian - La schiuma dei giorni - Traduzione Marco Turchetta - Marcos Y Marcos  

martedì 21 maggio 2013

...il mio argomento.


Lascia che in diversa musica racconti
Di me vivo tra le vive cose
Lascia che io sia il tuo miglior sguardo
Il tuo cuore e le parole che scegli
Oggi il vento autunnale spoglia gli alberi
Dei ricordi ardenti dell’estate
A terra li confonde, ma noi sappiamo
Che ciò che è narrato a noi rimane.

Vedi come tutto cambia e si prepara
La spoglia della biscia, il lampo della volpe
L’istrice che gonfia, attraverso la strada,
Il suo nero esercito di dardi
Il ruvido cinghiale, il trotto dei cavalli
E un cerbiatto che inatteso ti sorprende.

La solitudine sta ai vecchi
Come un vecchio vestito
E nelle tasche tintinnano
I sogni che più non spendono
Maudit l’amour/che da queste stanze è escluso
Scrisse un poeta sul muro della cella
Ove tutta la vita fu rinchiuso
E il suo tormento divenne il mio argomento.







S. Benni - Di tutte le ricchezze - Feltrinelli

lunedì 20 maggio 2013

L'inizio

L'inizio è facile da individuare. Eravamo al sole, vicino a un cerro che ci proteggeva in parte da forti raffiche di vento. Io stavo inginocchiato sull'erba con un cavatappi in mano, e Clarissa mi porgeva la bottiglia - un Daumas Gassac del 1987. L'istante fu quello, quella la bandierina sulla mappa del tempo: tesi la mano e, nel momento in cui il collo freddo e la stagnola nera mi sfioravano la pelle, udimmo le grida di un uomo.



I. McEwan - L'amore fatale - Einaudi

domenica 19 maggio 2013

sabato 18 maggio 2013

venerdì 17 maggio 2013

POIEIN



La comunicazione è
il superamento delle cicatrici
dissotterarci dal
nostro limite

soprattutto questo. 






Isabel Ari Dos Santos

giovedì 16 maggio 2013

...un aspetto delle cose

Già in altri tempi si diceva la collina come avremmo detto il mare o la boscaglia. Ci tornavo la sera,
dalla città che si oscurava, e per me non era un luogo tra gli altri, ma un aspetto delle cose, un modo di vivere. Per esempio, non vedevo differenza tra quelle colline e queste antiche dove giocai bambino e adesso vivo: sempre un terreno accidentato e serpeggiante, coltivato e selvatico, sempre strade, cascine e burroni. Ci salivo la sera come se anch'io fuggissi il soprassalto notturno degli allarmi, e le strade formicolavano di gente, povera gente che sfollava a dormire magari nei prati, portandosi il materasso sulla bicicletta o sulle spalle, vociando e discutendo, indocile, credula e divertita.






C. Pavese - La casa in collina - Einaudi

mercoledì 15 maggio 2013

Altro e altrove...

Si alzò e cercò un gesto da fare. Qualcosa di semplice. Prese a riordinare i libri che giacevano un po' dappertutto, in giro per la casa. Si limitava ad appoggiarli uno sull'altro, ma in piccole pile, dal più grande al più piccolo. Intanto pensava alla tardiva dolcezza di Jasper Gwyn, rigirandosela nella mente, nel piacere di osservarla da ogni lato. Lo faceva nella luce di una felicità strana, che non aveva mai provato, e che pure, le parve, aveva portato con sé per anni, aspettandola. Le sembrò impossibile essere riuscita a fare altro, in tutto quel tempo, che custodirla e nasconderla. Di cosa siamo capaci, pensò. Crescere, amare, fare figli, invecchiare - e tutto questo mentre anche siamo altrove, nel tempo lungo di una risposta non arrivata, o di un gesto non finito. Quanti sentieri, e a che passo differente li risaliamo, in quello che sembra un unico viaggio.


A. Baricco - Mr Gwyn - Feltrinelli

martedì 14 maggio 2013

Tutta colpa di Terry.

Tutta colpa di Terry. È lui il mio sassolino nella scarpa. E se proprio devo essere sincero, e' per togliermelo che ho deciso di cacciarmi in questo casino, cioè di raccontare la vera storia della mia vita dissipata. Fra l’altro mettendomi a scribacchiare un libro alla mia veneranda età violo un giuramento solenne, ma non posso non farlo. Non posso lasciare senza risposta le volgari insinuazioni che nella sua imminente autobiografia Terry McIver avanza su di me, le mie tre mogli (o come dice lui la troika di Berny Panofsky), la natura della mia amicizia con Boogie e, ovviamente, lo scandalo che mi porterò fin nella tomba. Il tempo, le febbri, questo il titolo della messa cantata di Terry, è in uscita per i tipi del Gruppo (chiedo scusa, il gruppo, si scrive così), una piccola casa editrice di Toronto che gode di lauti sussidi governativi e pubblica (su carta riciclata, potete scommetterci la testa) anche un mensile, “la buona terra”.




M. Richler - La versione di Barney - Gli Adelphi

lunedì 13 maggio 2013

Galeotto fu l'amore.

Non amo i romanzi d’avventura. Non sono mai riuscito a terminarne uno. Stevenson mi annoia, per non
dire di Verne. Persino il grande Conrad mise a dura prova i miei nervi infantili.
Capisco che il mio aspetto sedentario possa autorizzare chiunque a immaginarmi invischiato fin da piccolo con carta, inchiostro, fumanti tazze di tè. La verità è che a dodici anni, a fronte di una sensibilità precocemente esacerbata, sguazzavo nel tiepido mare dell’analfabetismo di ritorno. I miei sogni di gloria, del tutto convenzionali, si esaurivano in qualche prodezza podistica o canora.
Così oggi mi ritrovo a invidiare i miei colleghi che, intervistati sulle prime letture, possono aprire cassetti pieni di corsari, selvaggi, principesse… In quanto ai miei, di cassetti, be’, sarebbero vuoti se non potessi contare sulla storia che sto per servirvi: l’avventurosa storia che fece di me un sentimentale lettore di romanzi seri.
Galeotto fu l’amore.








A. Piperno - Pubblici infortuni - Mondadori






sabato 11 maggio 2013

venerdì 10 maggio 2013

giovedì 9 maggio 2013

...le ultime cose

Queste sono le ultime cose, scriveva. A una a una scompaiono e non ritornano più. Posso raccontarti di quelle che ho visto, di quelle che non esistono più, ma temo di non averne il tempo. Tutto sta accadendo così velocemente ora, che non riesco a tenervi dietro.




P. Auster - Nel paese delle ultime cose - Einaudi

mercoledì 8 maggio 2013

...stava uscendo di testa

L'inverno Titì se lo portava dentro. In quell'istante, gli sembrò perfino che il freddo fosse più pungente nel suo corpo che fuori, per strada. Forse per questo non batteva più i denti, aveva pensato. Ormai non era che un unico blocco di ghiaccio, come l'acqua nei canaletti lungo i marciapiedi.
Un'insegna luminosa sopra la porta di una farmacia indicava la temperatura: 8° sotto zero. E l'ora: 20,01. Riparandosi a malapena in un androne, dalle 19,30 in poi Titì era stato a guardare i minuti sfilare. Poi l'aria gelida gli aveva annebbiato la vista. Si era reso conto che il furgoncino bianco dei Restaurants du coeur non sarebbe più passato, e che era inutile continuare ad aspettarlo. Qualunque pezzente di Parigi conosceva il percorso a menadito: Nation - République - Invalides - Porta d'Orléans. Ma da Hôtel de Ville non ci passava mai quella macchina di merda, mai. E invece lui era proprio lì, in place de l'Hôtel de Ville.
"E vaffanculo!" imprecò fra sé. "Titì, stai andando davvero fuori di testa!". Ritornò con lo sguardo all'insegna luminosa, ma non riusciva a metterla a fuoco. "Beh, ho capito. Non è il caso di sbraitare tanto, coglione che non sei altro!" si disse.
Sì, stava uscendo di testa, ogni giorno un po' di più. Anche Rico gliel'aveva detto, sin dai primi freddi. E di andare a farsi curare all'ospedale. Ma all'ospedale Titì non ci voleva andare.
"Va a finire che crepi" aveva detto Rico.
"E allora? L'ospedale è come morire. Ci entri in piedi ed esci lungo disteso. Ci andresti tu? Eh, ci andresti?".
"Vaffanculo, Titì".
"Vacci tu, cazzo!".
Da allora Titì non parlava più. Non solo a Rico. A nessuno. O quasi. Non gli succedeva quasi più di parlare. Non ne aveva più la forza.
Davanti a lui il semaforo diventò rosso per la seconda volta. "Inverno di merda" borbottò, tanto per trovare il coraggio di attraversare. A sentire le ossa sgretolarsi come stalattiti si era fatto prendere dalla paura. Eppure per imboccare l'entrata del metrò doveva attraversare la strada......








J. C. Izzo- Il sole dei morenti - e/o

martedì 7 maggio 2013

Paris

Novak - Rue Mouffettard
Nessun'altra parte di Parigi gli piaceva come quella, gli alberi dalla chioma immensa, le vecchie case intonacate di bianco con la striscia marrone al pianterreno, il verde allungato dell'autobus in quella piazza rotonda, la purpurea tintura dei fiori sul selciato, la brusca discesa fino al fiume di rue Cardinal Lemoine, e dall'altra parte il piccolo mondo affollato di rue Mouffetard. La strada che saliva verso il Panthéon e l'altra che lui faceva sempre in bicicletta, l'unica strada asfaltata di tutto quel quartiere, liscia sotto le gomme, con le case alte e strette e il misero albergo dov'era morto Verlaine.


E. Hemingway - I quarantanove racconti - Traduzione V. Mantovani - Mondadori

lunedì 6 maggio 2013

...che diavolo di nome è mai questo

Ma il peggio doveva ancora venire. All’improvviso, il re del portogallo, e anche degli algarvi, prima all’auge della felicità per il fatto di poter omaggiare né più né meno che un genero dell’imperatore carlo quinto, si sentì come se stesse per cadere dalla scala a capofitto e precipitare nelle fauci fameliche dell’ignominia. Ecco ciò che il re si domandava fra sé e sé, E se all’arciduca non gli piace, se lo trova brutto, immaginiamo che dapprima accetti il dono, dato che non lo conosce, e poi lo restituisca, come potrò resistere alla vergogna di vedermi insultato davanti agli sguardi di compassione o ironici della comunità europea. Che ve ne pare, che idea vi dà l’animale, si decise a domandare il re al segretario, bramando un appiglio di salvataggio che gli sarebbe potuto venire unicamente da lì, Bello o brutto, mio signore, sono mere espressioni relative, per la civetta persino i suoi piccoli sono bellini, quello che sto vedendo da qui, per applicare a questo caso particolare una legge generale, è un magnifico esemplare di elefante asiatico, con tutti i peli e le macchiettature cui è obbligato per sua natura e che incanterà l’arciduca e affascinerà non solo la corte e la popolazione di vienna ma anche, ovunque passi, la gente comune. Il re tirò un sospiro di sollievo, Suppongo abbiate ragione, Spero di averla, mio signore, se dell’altra natura, l’umana, conosco qualcosa, e se vostra altezza me lo permette, oserei aggiungere che questo elefante con peli e macchiettature si tramuterà in uno strumento politico di prim’ordine per l’arciduca d’austria, se è così astuto come deduco dalle dimostrazioni che ha dato finora, Aiutatemi a scendere, questa conversazione mi ha fatto venire le vertigini. Con l’aiuto del segretario e dei due paggi, il re riuscí a scendere senza maggiori difficoltà quei pochi gradini su cui era salito. Tirò un profondo respiro quando sentì la terraferma sotto i piedi e questo, senza alcun motivo apparente, salvo, diciamo forse, giacché ancora è troppo presto per saperlo in tutta sicurezza, la subitanea ossigenazione del sangue e il conseguente rinnovo della circolazione nei meandri del cervello, lo indusse a pensare a qualcosa che in circostanze normali non gli sarebbe mai sovvenuto. E fu, Quest’uomo non può andare a vienna così conciato, coperto di stracci, ordino che gli si facciano due abiti, uno da lavoro, per quando dovrà andare sull’elefante, e un altro di rappresentanza sociale per non fare brutta figura alla corte austriaca, senza lussi, ma degno del paese che ce lo manda, Così sarà fatto, mio signore, E, a proposito, come si chiama l’uomo. Si spedì un paggio a scoprirlo, e la risposta, trasmessa dal segretario, risultò essere più o meno la seguente, Subhro. Subro, ripeté il re, che diavolo di nome è mai questo, Con l’acca, mio signore, per lo meno è quello che ha detto lui, chiarì il segretario, Avremmo dovuto chiamarlo joaquim quando è arrivato in portogallo, borbottò il re.


J. Saramago - il viaggio dell'elefante - Einaudi

domenica 5 maggio 2013

venerdì 3 maggio 2013

POIEIN


Giorno d'estate



Giorno d’estate
filo di ragno argentato che si versa
ponte delicato e teso
contro un azzurro profondo bianche nubi
verde chiaro e intenso che contrasta con ombre
passò la primavera si approssima l’inverno
vola un uccello un latrato si ode nella distanza
mentre il sole
qui riscalda
nulla per ora si muove
il filo di ragno risalta versandosi
fragile
resistente
disteso
dall’oscurità all’oscurità.




Isabel Fraire - Traduzione di Tomaso Pieragnolo.
 




giovedì 2 maggio 2013

...mancanza


Il sogno si concretizzerà il giorno in cui sapremo dove sono coloro di cui sentiamo la mancanza, perchè scoprendolo la nostra memoria non avrà più aperte le ferite dell'incertezza, il balsamo della giustizia s'incaricherà di chiuderle e potremo continuare a sognare, perchè solo sognando e restando fedeli ai sogni riusciremo ad essere migliori, e se noi saremo migliori, sarà migliore il mondo.



L. Sepùlvedada PensieriParole