lunedì 6 maggio 2013

...che diavolo di nome è mai questo

Ma il peggio doveva ancora venire. All’improvviso, il re del portogallo, e anche degli algarvi, prima all’auge della felicità per il fatto di poter omaggiare né più né meno che un genero dell’imperatore carlo quinto, si sentì come se stesse per cadere dalla scala a capofitto e precipitare nelle fauci fameliche dell’ignominia. Ecco ciò che il re si domandava fra sé e sé, E se all’arciduca non gli piace, se lo trova brutto, immaginiamo che dapprima accetti il dono, dato che non lo conosce, e poi lo restituisca, come potrò resistere alla vergogna di vedermi insultato davanti agli sguardi di compassione o ironici della comunità europea. Che ve ne pare, che idea vi dà l’animale, si decise a domandare il re al segretario, bramando un appiglio di salvataggio che gli sarebbe potuto venire unicamente da lì, Bello o brutto, mio signore, sono mere espressioni relative, per la civetta persino i suoi piccoli sono bellini, quello che sto vedendo da qui, per applicare a questo caso particolare una legge generale, è un magnifico esemplare di elefante asiatico, con tutti i peli e le macchiettature cui è obbligato per sua natura e che incanterà l’arciduca e affascinerà non solo la corte e la popolazione di vienna ma anche, ovunque passi, la gente comune. Il re tirò un sospiro di sollievo, Suppongo abbiate ragione, Spero di averla, mio signore, se dell’altra natura, l’umana, conosco qualcosa, e se vostra altezza me lo permette, oserei aggiungere che questo elefante con peli e macchiettature si tramuterà in uno strumento politico di prim’ordine per l’arciduca d’austria, se è così astuto come deduco dalle dimostrazioni che ha dato finora, Aiutatemi a scendere, questa conversazione mi ha fatto venire le vertigini. Con l’aiuto del segretario e dei due paggi, il re riuscí a scendere senza maggiori difficoltà quei pochi gradini su cui era salito. Tirò un profondo respiro quando sentì la terraferma sotto i piedi e questo, senza alcun motivo apparente, salvo, diciamo forse, giacché ancora è troppo presto per saperlo in tutta sicurezza, la subitanea ossigenazione del sangue e il conseguente rinnovo della circolazione nei meandri del cervello, lo indusse a pensare a qualcosa che in circostanze normali non gli sarebbe mai sovvenuto. E fu, Quest’uomo non può andare a vienna così conciato, coperto di stracci, ordino che gli si facciano due abiti, uno da lavoro, per quando dovrà andare sull’elefante, e un altro di rappresentanza sociale per non fare brutta figura alla corte austriaca, senza lussi, ma degno del paese che ce lo manda, Così sarà fatto, mio signore, E, a proposito, come si chiama l’uomo. Si spedì un paggio a scoprirlo, e la risposta, trasmessa dal segretario, risultò essere più o meno la seguente, Subhro. Subro, ripeté il re, che diavolo di nome è mai questo, Con l’acca, mio signore, per lo meno è quello che ha detto lui, chiarì il segretario, Avremmo dovuto chiamarlo joaquim quando è arrivato in portogallo, borbottò il re.


J. Saramago - il viaggio dell'elefante - Einaudi

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