Quando io frequentavo la seconda elementare successe che mia madre, a causa di un esaurimento nervoso – l'ho saputo anni dopo, io allora ricordo solo che piangeva sempre e spesso si chiudeva in bagno –, su consiglio dei medici fu mandata da certi parenti, sulle Dolomiti, per un lungo periodo di riposo, quattro mesi almeno.
Di quei giorni conservo immagini e profumi. Io e il babbo a pranzo o si andava in trattoria oppure eravamo ospiti di amici, mentre la sera, a cena, veniva la Mimma a trafficare ai fornelli, perché il babbo non è mai andato oltre le uova sode, lei invece era bravissima a cucinare, ho ancora adesso l'acquolina alla bocca se ripenso alla sua zuppa inglese. Poi rammento l'appuntamento telefonico, ogni sera, con mia madre, che spesso piangeva e così faceva piangere anche me, ma soprattutto ho il bel ricordo di lei, della Mimma, che mi aiutava a fare i compiti e poi, prima che il babbo mi mettesse a letto, se ne andava con un saluto della mano, affettuoso. Sembrava fosse l'unica ad aver capito che non sopportavo e non sopporto sbaciucchiamenti e moine. Ma soprattutto aspettavo con ansia la domenica pomeriggio, giorno libero della Mimma: il babbo mi portava da lei e lei, nella sua casina in vicolo degli Orti, insieme al tè e al dolce, mi serviva le sue storie.
Se ho scritto un libro, e se oggi arricchisco, così almeno dice il mio capo, pagine scritte da altri, lo devo ai miei genitori, ai vecchi che ascoltavo nelle osterie, e lo devo, in particolare, a lei.
R. Bassini - Vicolo del precipizio- Perdisa