mercoledì 3 aprile 2013

Vagamente

Pierrot non aveva alcuna idea speciale sulla moralità o sull’avvenire della civiltà. Nessuno gli aveva mai detto che era intelligente. Gli avevano detto più spesso che si comportava come un frescone e che aveva analogie con la luna. Ad ogni modo, qui, adesso, era felice e contento, vagamente. Del resto, tra i moscerini ce n’era uno più grosso degli altri e più insistente. Pierrot aveva un mestiere, almeno per la stagione. In ottobre, avrebbe visto. Per il momento, aveva davanti un terzo dell’anno che già tintinnava degli scudi della paga. C’era di che esser felice e contento per uno che conosceva da sempre i giorni incerti, le settimane poco probabili e i mesi assai deficienti. L’occhio pesto gli faceva un po’ male, ma la sofferenza fisica ha forse mai impedito la felicità?



R. Queneau - Pierrot amico mio -  Traduzione di Fabrizio Onofri - Einaudi

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