giovedì 13 giugno 2013

Seduta stante


L’ultima volta che vidi Miguel Desvern o Deverne fu anche l’ultima volta che lo vide la moglie, Luisa, il che continua ad apparire strano e forse ingiusto, dal momento che lei era questo, sua moglie, e io ero invece una sconosciuta e non avevo mai scambiato con lui una sola parola. Non sapevo neppure il suo nome, lo seppi soltanto quando ormai era tardi, quando comparve la sua foto sul giornale, pugnalato e mezzo scoperto e sul punto di trasformarsi in un morto, ammesso che già non lo fosse per la sua stessa coscienza assente che non tornò piú a farsi presente: l’ultima cosa di cui si dovette render conto era che lo stavano accoltellando per sbaglio e senza motivo, cioè in maniera imbecille, e oltretutto una volta e poi ancora un’altra, senza via di scampo, non una sola, con l’intento di eliminarlo dal mondo e di scacciarlo senza dilazione dalla terra, seduta stante. Tardi per che cosa, mi domando. La verità è che lo ignoro. Solo che quando qualcuno muore, pensiamo che ormai si sia fatto tardi per qualunque cosa, per tutto – tanto piú per aspettarlo –, e ci limitiamo a darlo per cancellato. Anche i nostri congiunti, sebbene ci costi molto di piú e li piangiamo, e la loro immagine ci accompagni nella mente quando camminiamo per le strade e in casa, e crediamo per molto tempo che non ci abitueremo. Ma sin dall’inizio sappiamo – sin da quando ci muoiono – che non dobbiamo piú contare su di loro...



J. Marías - Gli innamoramenti - Einaudi

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