martedì 15 gennaio 2013

La guerra


Al mare il tempo, che fino a quel momento era stato scialbo e incerto, volse decisamente al bello. Il sole sfolgorava sui piccoli avvisi bianchi affissi sui muri color oro del municipio, e ogni giorno ne spuntava uno nuovo: le classi venivano richiamate l'una dopo l'altra. I volti truccati, abbronzati, lucidi di olio solare delle donne erano segnati dall'angoscia. Le ville chiudevano. In spiaggia e per le strade assolate a farla da padroni erano ormai solo i bambini spagnoli con i loro grandi occhi neri. I francesi se ne andavano tutti. Ficcavano in valigia il costume da bagno ancora umido, i sandali induriti dalla sabbia, e le donne, alla vista dell'abito di organza così fresco che avevano gelosamente tenuto da parte per le sere di settembre, si lasciavano sfuggire una lacrima.
In quelle lunghe serate così calme, così belle, mentre le cicale frinivano in giardino e la luna brillava sul vecchio frontone, Rose e le sue amiche - tutte con mariti giovani, che dunque potevano anche loro essere richiamati - aspettavano l'inizio del notiziario radiofonico nel salotto della villa. A poco a poco l'ansia, lo smarrimento e un'angoscia crudele toglievano loro il respiro. Le donne, nervose, fingevano di cucire o di lavorare a maglia, ma il tremito alle mani finiva per spezzare la lana e far cadere i ferri. Ciò nonostante, ognuna di loro si sforzava di trovare un motivo di speranza in questa o in quella riga del giornale della sera, nella voce dello speaker, nella lettera ricevuta il giorno prima. I mariti lontani sembravano essersi messi d'accordo.
«Le cose si aggiusteranno ancora una volta. Ci andremo solo vicino. L'importane, mia cara, è che tu stia tranquilla» scrivevano tutti.
Le donne, pur sospettando che mentissero, che volessero tenerle lontano da una Parigi in pericolo, non osavano disobbedire. La vita non era più quella di sempre, ma una serie di immagini contorte, la deformazione di un incubo. 



I. Nèmirovsky- I doni della vita- Adelphi

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