martedì 23 febbraio 2010

Corrispondenze

Erodoto vive una vita piena, per nulla intralciato dalla mancanza del telefono, dell'aereo o della bicicletta. Tutte cose che arriveranno solo dopo migliaia di anni, e che niente lascia presumere che gli siano mancate: se la cava perfettamente anche senza. La sua vita e quella del mondo contengono una forza propria, un'energia inesauribile e autosufficiente che lui avverte e che lo entusiasma. Erodoto doveva per forza essere una persona serena, rilassata e cordiale: è solo a questo tipo di persone che gli estranei svelano i propri segreti. Le nature chiuse, ombrose, introverse, anzichè indurre il prossimo a confidarsi, suscitano il timore e la voglia di scappare. Se Erodoto avesse avuto un carattere del genere, non avrebbe cavato niente dagli altri e noi non avremmo avuto la sua opera.
Riflettevo su questo fatto, sentendo con stupore e anche con una certa inquietudine che, addormentandomi nella lettura di Erodoto, subivo un processo di identificazione intellettuale ed emotiva con il mondo e gli eventi evocati dal greco. La distruzione di Atene mi coinvolgeva di più dell'ultimo colpo di stato in Sudan e l'affondamento della flotta persiana mi appariva più tragico della rivolta militare in Congo. Il mio mondo non era soltanto l'Africa, della quale dovevo occuparmi come corrispondente dell'agenzia di stampa polacca, ma anche quello scomparso da centinaia di anni.
Come stupirsi dunque se, seduto in una afosa notte tropicale sulla veranda del Sea View Hotel di Dar-es-Salaam, pensavo ai soldati di Mardonio che, in una notte di gelo (in Europa allora era inverno), cercavano di scaldarsi davanti al fuoco le mani intirizzite?




Ryszard Kapusinski-In viaggio con Erodoto-Feltrinelli

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