lunedì 28 giugno 2010

Il nuovo

"Come va, Lòpez"
Un signore incontra un amico e lo saluta, gli stringe la mano e fa un leggero cenno con il capo.
È così che crede di averlo salutato, ma il saluto è già stato inventato e il signore educato non fa che calzare il saluto.
Piove. Un signore si rifugia sotto un portone. Quasi mai i signori come lui sanno che in fin dei conti sono scivolati su un toboga prefabbricato dalla prima goccia di pioggia al primo portone. Un umido toboga di foglie fradice.
E i gesti dell’amore, questo dolce museo, questa galleria di figure di fumo. Si consoli la tua vanità: la mano di Antonio cercò quel che cerca la tua mano, e né la sua né la tua cercavano qualcosa che non sia già stato trovato fin dall’eternità. Ma le cose invisibili hanno bisogno di incarnarsi, le idee cadono a terra come colombe morte.
Ciò che è veramente nuovo fa paura o meraviglia.
Queste due sensazioni ugualmente vicine alla bocca dello stomaco accompagnano sempre la presenza di Prometeo; quel che resta è la comodità, quel che riesce sempre più o meno bene; i verbi attivi contengono il repertorio completo.
Amleto non dubita: cerca la soluzione autentica e non il portone di casa o le vie già percorse – nonostante tutte le scorciatoie e i crocicchi che offrono.
Vuole la tangente che incrina il mistero, la quinta foglia del trifoglio. Fra il sì e il no, quale infinita rosa dei venti. I principi di Danimarca, falchi che scelgono la morte per fame piuttosto che cibarsi di carne morta.
Quando le scarpe stringono, buon segno. C’è qualcosa che cambia, qualcosa che ci mostra, che sordamente ci pone, ci imposta. Per questo i mostri sono tanto popolari e i giornali vanno in estasi per un vitello bicefalo. Quale opportunità, quale abbozzo di gran salto verso l’altro!
Guarda chi si vede.
- Come va, Lòpez?
- Come va, carissimo?
È così che credono di essersi salutati.


Julio Cortàzar-Storie di cronopios e di famas-Einaudi

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