....e io l'ho odiato ogni  singola volta che sono entrato nelle due sale dell'Orangerie, a Parigi,  sempre uscendone sconfitto, ogni singola volta, per vent'anni. E ancora  lo odierei oggi inutile profanatore di superfici curve se non mi fosse  accaduto, nel pomeriggio del 14 giugno 1983, di vedere qualcuno, una  donna, entrare nella sala 2, la più grande e, sotto i miei occhi, vedere  le Nymphéas, vedere le Nymphéas  svelandomi così che farlo era possibile, non per me, forse, ma in  assoluto, per qualcuno, a questo mondo: quello sguardo c'era, lì dentro,  e c'era un dove che ne era l'inizio, la parabola e la fine. Per anni in  effetti avevo spiato le donne, lì dentro, sospettando istintivamente  che se c'era una soluzione una donna l'avrebbe scoperta, non foss'altro  che per oggettiva complicità tra enigmi. Naturalmente osservavo le donne  belle, soprattutto le donne belle. Quella donna si staccò dal suo  gruppo, donna orientale, un grosso cappello che le nascondeva in parte  il viso, scarpe strane, si staccò e si diresse verso una parete della  sala 2 era al centro, prima, con il suo gruppo di turiste orientali,  tutte donne e si staccò da lì, come se avesse perso l'appiglio che la  teneva aggrappata al suo gruppo, e ora una singolare forza di gravità la  attirasse a cadere verso le ninfee, quelle esposte sulla parete a est,  dove massima è la curvatura verso le ninfee si lasciò cadere assumendo  di colpo l'andatura di una foglia autunnale cadeva a pendolo, oscillando  in movimenti contraddittori e armonicamente contorti mi piace dire:  curvi. Due stampelle, di legno, a premere sotto le ascelle, i piedi  batacchi neri molli rotti dentro a suonare passi focomelici, uno scialle  sulle spalle scialle malattia le braccia accartocciate malamente  sembrava una falena splendida esausta, e io la guardai come venisse da  lunghissima migrazione, esausta, splendida, lì. Guadagnava centimetro  dopo centimetro, con una fatica immensa, e non sembrava conoscere  l'ipotesi di fermarsi. Avvitava ogni movimento intorno all'asse della  sua malformazione, eppure procedeva, srotolava sussulti interpretabili  come passi, e così avanzava, lumaca paziente, inseparabile dal male sua  dimora striscia di bava, dietro, ad appuntare la traiettoria del  grottesco cammino l'imbarazzo degli altri a risalirlo, macinando  vergogna e disappunto, alla ricerca di scappatoie per gli occhi, ma non  era facile smettere di guardarla, non si riusciva a guardare altrove  c'erano un sacco di persone, c'ero io, a un certo punto ci fu solamente  lei. Arrivò fino a sfiorare le ninfee, poi prese a scivolargli accanto,  replicando la curvatura della parete, ma arricchita di vocalizzi  cinetici, accartocciata la linea curva in uno scarabocchio a ogni scossa  più affaticato, riaggiornata a ogni istante la distanza, non meno  indefinita delle ninfee, perché disseminata in quel movimento dalle  mille direzioni, esplosa in quel corpo senza centro. Si fece l'intera  sala, così, avvicinandosi e allontanandosi, sballottata dal pendolo  ubriaco che le minutava dentro il tempo del suo male, mentre la gente si  scostava, attenta a non turbare anche le più impensate evoluzioni del  suo andare. E io, che per anni avevo cercato di guardare quelle ninfee,  mai riuscendo a vedere altro che ninfee, piuttosto kitsch e deplorevoli  oltretutto, me la lasciai passare accanto e improvvisamente capii, senza  neppure spiare cosa facesse con gli occhi, con assoluta chiarezza capii  che lei stava vedendo, lei era lo sguardo che quelle ninfee  raccontavano, lo sguardo che da sempre le aveva viste, lei era  l'angolazione esatta, il punto di vista preciso, l'occhio impossibile lo  erano le sue scarpe tozze, nere, lo erano il suo male, la sua pazienza,  l'orrore delle sue mosse, le stampelle di legno, lo scialle malattia,  il rantolo di gambe e braccia, la pena, la forza, e quell'irripetibile  traiettoria sbavata nello spazio perduta per sempre quando alla fine  arrivò, si fermò, e sorrise.
[Report] Officina di giugno 2025
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Nell’ultima stazione del nostro percorso alla ricerca dell’invisibilità, 
abbiamo parlato di libertà. Il confine sottile tra visibile ed invisibile e 
la s...
3 mesi fa





Molto forte.
RispondiEliminaCi sono stato all'Orangerie. È molto toccante questa incredibile variante sul tema. Raffinatissima. Anche il linguaggio, lo avverto acquatico, scrosciante. Senza una sede precisa o un luogo di attacco.
Nel tuo sottolineato si avverte l'apice. Sei sempre molto attenta.
luigi
Alcuni con la puzza sotto al naso definiscono le lettrici di Baricco "sciampiste", ragion per cui molto semplicemente... io sciacquo! ;-)))
RispondiEliminaR.P.